Latino nella scuola, latino per una società plurale. Da mesi è in corso in America e in Europa un vivace dibattito sul valore formativo del latino. Da una parte, tendono a ridimensionarne la funzione e lo studio sia la spinta verso l’innovazione nella sfera della comunicazione e dei processi produttivi che la diffusione di un approccio al passato spoglio di ogni mediazione storica, che associa anche la civiltà classica, in nome di una “cultura del rifiuto”, al razzismo, alla schiavitù, alla violenza di genere. Dall’altra alcuni Paesi iniziano a valutare positivamente l’inserimento nei curricula scolastici: le raccomandazioni per l’apprendimento permanente del Consiglio Europeo, invitano allo studio del latino per le solide capacità espressive nella lingua madre e nelle lingue straniere; in Francia il ministro dell’Éducation Nationale Jean-Michel Blanquer ha annunciato in un’intervista su “Le Point” un ambizioso programma di ripristino del suo insegnamento nei licei e si è fatto promotore di un memorandum internazionale. Il Memorandum è stato firmato, per l’Italia, dal ministro dell’Istruzione Patrizio Bianchi, volto a promuovere lo studio del latino nelle scuole; Germania e Gran Bretagna stanno sperimentando la reintroduzione del latino con alcuni progetti-pilota. Alla base di questi indirizzi pedagogici vi è una visione dell’apprendimento della lingua latina come via privilegiata per la formazione della personalità (coscienza di sé e consapevolezza dell’alterità, duttilità di pensiero) e l’acquisizione di competenze trasversali (giudizio critico e analisi della documentazione storica, consapevolezza della comunicazione) indispensabili per costruire una società dinamica e inclusiva. In Italia, dove il latino è ancora insegnato nella maggior parte degli indirizzi liceali, appare necessaria una tempestiva riflessione volta a evitare che la legittima esigenza di adeguare il progetto formativo alle mutate condizioni sociali, culturali ed economiche del Paese, divenuta urgente con le sfide della ripresa e della resilienza, conduca a un frettoloso smantellamento dell’equilibrato impianto umanistico-scientifico che di quel progetto è alla base, e che il latino in particolare, contrabbandato come simbolo di una conoscenza “inutile” perché rivolta al passato, venga messo in discussione senza che se ne siano comprese fino in fondo le ragioni. In questo contesto, la Consulta Universitaria di Studi Latini – libera associazione che riunisce la stragrande maggioranza dei docenti universitari della materia – intende assumersi con impegno il compito di testimoniare e documentare l’alto valore formativo di una lingua (e di una letteratura in lingua) capace di contribuire proficuamente al progresso culturale, civile, morale ed economico del Paese. Nella società della post-verità e delle fake news l’apprendimento del latino, via di accesso obbligata alla storia non solo dell’Occidente ben oltre la fine dell’evo antico, si propone tuttora, adeguatamente inteso, come requisito indispensabile per maturare la percezione della natura documentale del sapere e applicare strumenti di analisi critica alle informazioni. L’indagine delle radici e delle strutture linguistiche favorisce l’uso consapevole della parola sviluppando la capacità di adoperare la comunicazione con spessore di senso e profondità diacronica, mentre la conoscenza della cultura di Roma consente al cittadino di definire la propria identità in rapporto con l’altro, di ragionare in termini di relazione, continuità e discontinuità, rielaborando istituti culturali e valori della tradizione occidentale. La CUSL avverte come suo obbligo morale prima ancora che istituzionale richiamare l’attenzione su questi argomenti, contribuendo al dibattito pubblico attraverso l’organizzazione di un Convegno che sarà ospitato dall’Università di Chieti Pescara dal 21 al 22 aprile 2022 e la cui tavola rotonda verrà trasmessa online nei licei italiani che aderiranno all’iniziativa. Sarà un’occasione perché Università e Scuola possano delineare insieme nuovi spazi per la presenza del latino nel mondo contemporaneo, evitando ogni tentazione di autoreferenzialità e profilando obiettivi, strumenti e metodi per un insegnamento del latino che miri alla costruzione di una cittadinanza democratica e inclusiva.